C’è un problema con la campagna elettorale per gli uffici amministrativi di Taranto. Non è una scelta del candidato sindaco di centrosinistra Rinaldo Melucci accettare in suo appoggio vecchi nostalgici di destra. Alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90, il telepredicatore di AT6 ha lanciato le sue frecce contro tutti, compresi politici e forze dell’ordine. Luigi Abbate, giornalista locale divenuto famoso quando Ilva Girolamo Archin gli ha strappato di mano il microfono per salvare l’ex titolare della fabbrica da domande scomode sulle morti per cancro, è uno dei candidati alla corsa a sindaco. Abbate ha cominciato ad assumere il ruolo del paladino della giustizia, unico custode della verità, inseguendo i politici e ponendo domande a raffica, e non offre nemmeno la possibilità allo sfortunato di turno di articolare una risposta. Mi hanno insegnato che da giornalista devo saper fare le domande giuste, premere, arrivare preparato ad aspettare risposte e saper rilanciare, ma mai costringere l’intervistato a dire quello che voglio. Non bado al fatto che questo atteggiamento impedisce ai colleghi di fare il loro lavoro e di porre le loro domande. Nonostante sia un candidato sindaco come tutti gli altri, Luigi Abbate continua a girare con microfono e telecamera e intervista a suo modo i suoi oppositori politici. Credo che il limite sia stato superato, e che Luigi Abbate debba decidere se vuole fare il giornalista o un candidato. Deve essere candidato e sottostare alle regole che tutti i candidati sono chiamati a rispettare, poiché ha scelto di candidarsi. Non basta dire che la legge lo permette perché sarebbe un alibi come la scomparsa di destra e di sinistra. Voglio che Luigi o continui ad essere candidato o torni a fare il giornalista. Avrà il diritto di porre le sue domande se tornerà a fare il giornalista. C’è un candidato che continua a fare il giornalista e un’intervista agli avversari arriva da Il Fatto Quotidiano.

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