Quando i media sottolineano che la Russia ha colpito una base nemica a pochi chilometri dal confine polacco, quando parlano di un attacco alle porte dell’Europa e della Nato, e quando un giornale come Repubblica scrive: “Ucraina, attacco in Occidente .”. In guerra è logico e normale attaccare le basi nemiche, indipendentemente dalle loro coordinate, ma la forma viene alterata con destrezza e in modo orchestrato. Oltre a creare nello spettatore una dipendenza malsana da quello che diventa un vero e proprio “genere” (inteso come un espediente che permette l’autopiesi del discorso), queste notizie hanno anche un obiettivo pedagogico. Per non essere accusati di alto tradimento ed essere personalmente responsabili delle atrocità della guerra, dobbiamo abbandonare l’equilibrio e la razionalità analitica. Crediamo che un missile russo possa entrare in una casa ucraina facendo un buco nel soffitto e conficcandosi direttamente nel gabinetto, proprio come credevamo due anni fa. La gamma di quelle che vengono chiamate “bufale” si è ampliata negli ultimi due anni. Esiste un vasto universo di notizie false, informazioni non vere o solo parzialmente vere. La disinformazione, la cattiva informazione e la distorsione, la manipolazione e lo sfruttamento dei fatti sono legati a campi diversi. Le tre variabili sono legate a: 1) una manifestazione psicologica e cognitiva, che condiziona i nostri modi di creare conoscenza e dare senso al mondo; 2) una dinamica di conoscenza sociale, che incide sui modi di creare comunità o distruggere le associazioni organizzate. Hannah Arendt ci ricorda che l’esercizio critico del pensiero non ha nulla a che fare con la conoscenza ma con la capacità di distinguere il bene dal male. L’articolo Ucraina, la cattiva informazione ritorna con la guerra, come difendersi?

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