Quasi centomila aziende agricole italiane rischiano la cessazione dell’attività per l’esplosione dei costi di produzione che superano di gran lunga quanto pagato ad allevatori e allevatori per i loro prodotti, dal latte alla frutta, dalla carne agli ortaggi. In pratica più di 1 azienda agricola su 10 si trova in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale è comunque costretta a lavorare in condizione di reddito negativo con un impatto non solo sul fronte produttivo. La prima linea di aumenti di prezzo su cui si battono le aziende agricole si allunga sempre di più, ha evidenziato Coldiretti, con incrementi di costo che vanno da +170% di fertilizzante a +129% di mangime. Coldiretti dice che il Paese ha bisogno di coltivare cereali, dal frumento al mais, per l’esplosione della spesa di gasolio, fertilizzanti e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con quotazioni in balia del mercato. Coldiretti ha affermato che il taglio dei raccolti causato dall’aumento dei costi potrebbe portare a una maggiore dipendenza dalle forniture estere di prodotti alimentari e agricoli. L’Italia è costretta a importare materie prime agricole a causa dei bassi salari pagati agli agricoltori che negli ultimi 10 anni sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais durante i quali anche un campo di grano su cinque è scomparso con la perdita di quasi la metà un milione di ettari coltivati. “Dobbiamo intervenire per contenere i dispendiosi costi energetici e di produzione con interventi immediati per salvare aziende e stalle e misure strutturali per progettare il futuro” ha detto il presidente di Coldiretti.

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