
La Uefa è l’antitesi di Robin Hood: toglie ai poveri per dare (ancora di più) ai ricchi.
La prima a non essere equa nella redistribuzione dei ricavi è la UEFA. Il coefficiente di performance decennale, che determina il 30% dell’allocazione totale delle risorse, è uno dei criteri più controversi. Il presidente di una squadra appartenente al élite non poteva che fare una riforma élite, che minimizzasse i risultati di una brutta stagione a favore della continuità della partecipazione alla Champions League, quasi una formalità. Una classifica basata sui punti ottenuti nella classifica delle competizioni europee negli ultimi dieci anni è fornita dall’ECA. Anche se gli israeliani fanno un exploit incredibile superando la fase a gironi contro quella tra Juventus e Paris Saint Germain (i parigini sono settimi nella suddetta classifica e guadagnano 29,5 milioni), l’ultimo Maccabi Haifa riceverà 1,14 milioni. Il gap tra il punteggio della classifica ottenuta e quello ottenuto dai blaugrana è del 10%. I primi due gap sono frutto di politiche nell’allocazione delle risorse, con i top club ei più nobili che chiedono guadagni certi per abbattere l’incertezza del risultato. Effetti negativi a cascata sui campionati nazionali possono essere causati dai coefficienti decennale, con rapporti di forza sbilanciati a favore dei big, costantemente supportati da una presenza fissa in Champions League a discapito di quegli outsider che sono riusciti a sorpassarli in la classifica finale. La cosa più strana dell’intero sistema è che il criterio di distribuzione per tutte e tre le competizioni non è lo stesso di Europa League e Conference. Al di là della piccola dimensione della torta da dividere, il coefficiente decennale è pari al 15% del totale, scendendo al 10% per la conference league. Non sorprende che ci sia un piccolo divario tra il primo e il decimo dei ricavi a causa della classifica decennale.