L’economia è stata caratterizzata da un’inflazione elevata e da una crescita economica quasi nulla, che sembrava preannunciare una prima recessione.

Ha rivendicato alcuni meriti del suo primo quarto di premiership in una recente apparizione su Facebook, oltre a mostrare ottimismo economico.

La credibilità dei nostri conti pubblici si misura dallo spread tra il tasso di interesse sui titoli di stato tedeschi e italiani.

Il precedente premier ha fatto un lavoro migliore.

Il costo del debito pubblico è più che triplicato in un anno e sembra sia dovuto all’inflazione.

Quando Berlusconi è stato costretto a dimettersi nel pieno della crisi del debito, il tasso di interesse è salito oltre il 6% ed è stato giudicato insostenibile per i conti pubblici, anche se il debito pubblico era molto più basso.

Oggi ci avviciniamo pericolosamente a quella soglia, ma con una situazione molto più difficile.

Il costo del debito e il tasso di interesse sono più importanti dello spread.

Ci sono due.

Secondo Meloni, il recente balzo in borsa del 20% ne è il risultato.

L’indice Mib di Borsa italiana è sceso dai 27.350 punti del 1° gennaio 2022, ai 20.730 punti di ottobre con una perdita del 27%.

Possiamo dire che le perdite della prima metà dell’anno sono colpa di Mario Draghi e la ripresa, da ottobre in poi, è merito del governo Meloni? La borsa italiana ha ignorato la politica economica interna sulla scia delle tendenze internazionali.

Anche gli industriali si sono tranquillamente lamentati del fatto che il bilancio non contenesse quasi nulla a favore della crescita.

Il primo ministro non ha mai usato la parola crescita quando commentava il suo budget.

La confusione creatasi sul superbonus fiscale ha spento uno dei motori della crescita economica italiana.

La situazione non è più allarmante e avremo solo una crescita modesta.

La modesta crescita dell’Italia dello 0,6% è lontana dalle ambizioni del governo secondo il Fondo monetario internazionale.

Il premier ei suoi fedelissimi pensano che sia una ripresa economica.

Sarebbe sciocco attribuire la crescita dello scorso anno alla competenza economica di Draghi e la modesta variazione per il 2023 alle scelte della Meloni.

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