Aldo Moro è stato rapito il 16 marzo 1978 e in questi giorni ci aiuta a riflettere su alcuni aspetti della sua vita. Nel suo ultimo libro Giorgio Balzoni, giornalista parlamentare, studente universitario di Aldo Moro, ricorda una frase che gli disse il capo scorta di Moro, Oreste Leonardi, ucciso il giorno del rapimento di Moro, insieme a tutta la scorta. Moro, da educatore e da uomo di dialogo, vide un modo per evitare il peggio nel 1974 quando non c’era ancora traccia di sangue di quel movimento. Il maresciallo Oreste Leonardi, suo capo scorta, gli disse che Giorgio Balzoni, che aveva recentemente superato l’esame di diritto e procedura penale alla Sapienza, non aveva smesso di frequentarlo. Balzoni si ritirò per parlare con il capo scorta che era consapevole dell’enormità della sua dichiarazione, mentre era impegnato a discutere con alcuni di loro nel corridoio dopo la lezione. Balzoni, giornalista Rai di lunga data ed ex vicedirettore del Tg1, che con il professore Aldo Moro ha scritto il libro che ha ispirato il docufilm di Raiuno, ha messo in luce un aspetto meno istituzionale e poco conosciuto dello statista. I vertici del movimento studentesco a Palazzo Chigi cercavano di capire perché la protesta si stesse facendo violenta. Così, quando i vertici del movimento lo sfidarono all’università, interrompendo la lezione e invitandolo a venire in assemblea, lui non si è tirato indietro, e il confronto, in cui ha mostrato di condividere molte ragioni della protesta, si è concluso con un applauso inaspettato. Pierluigi Castagnetti, ex parlamentare italiano ed europeo, ricorda un discorso tenuto a Bologna in cui parlava per due ore di una famosa foto di un giovane in piazza con passamontagna e pistola puntata. Non fu così tra Aldo Moro e le Brigate Rosse, ma i recenti eventi di riconciliazione con le vittime, la stima che molti del “partito armato” dell’epoca gli esprimono oggi, confermano che quell’idea non era poi così folle. La differenza tra un politico e uno statista è spiegata nell’articolo.

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