Concluderà l’anno con poco più della metà delle risorse europee che avrebbe dovuto impiegare per attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Il timore principale di chi segue passo passo il Pnrr non è tanto quello di un flop, ma che il calendario sia formalmente rispettato ma le risorse non vadano.

Dei 55 obiettivi da raggiungere entro la fine dell’anno, secondo il premier, ne sono rimasti trenta.

“Abbiamo fatto quello che era dovuto e anche di più”, ha sostenuto ad esempio su Repubblica l’ex capo degli Affari europei Enzo Amendola, elencando le riforme approvate, l'”ambizioso piano assunzioni” nella PA, il fondo da oltre 7 miliardi per coprire le extracosti, i decreti legislativi della delega sulla concorrenza emanati in via preliminare a cavallo del passaggio di consegne.

Anche se l’ex presidente del Consiglio ha dovuto più volte sottoporre i partiti ad un aut aut, il compito è stato relativamente semplice perché su un totale di 151 obiettivi, ben 132 erano “pietre miliari”.

Prima di consegnare le consegne, il precedente esecutivo si è assicurato 25 obiettivi, oltre ad avviarne altri 4 su 55 da completare entro il 31 dicembre: dal varo del decreto legislativo per la riforma del processo civile e penale.

La scadenza di dicembre sulla costruzione di alloggi per studenti universitari sarà rispettata solo grazie a uno stratagemma reso necessario dal pasticcio lasciato dall’ ‘ex ministro di Massa’.

Il bando per gli asili nido e le scuole materne, una delle parti più importanti del piano, è stato più volte prorogato.

Il dipartimento per la Transizione Digitale guidato dal Sottosegretario Alessio Butti e dal Ministero dell’Ambiente di Gilberto Pichetto Fratin ha 6 obiettivi ancora da raggiungere su un totale di 10.

I piani per i centri per l’impiego sono stati adottati in tutte le regioni ma il Ministero del Lavoro deve ancora raggiungere altri 3 obiettivi.

La Presidenza del Consiglio è responsabile dell’entrata in vigore di tutti i decreti attuativi necessari all’attuazione della legge sulla concorrenza e sull’energia.

Determinante per la nuova maggioranza è l’approvazione del decreto sulla gestione dei servizi pubblici locali, lasciato pronto dal precedente esecutivo.

I ritardi negli investimenti e il sospetto della “cortina fumogena” non dovrebbero essere un problema se gli obiettivi saranno raggiunti alla fine dell’anno.

Il rischio è che qualcuno pensi di usare i ritardi negli investimenti come cortina fumogena per coprire la mancata approvazione di regolamenti per esempio quelli relativi ai servizi pubblici locali, la cui riforma deve essere completata entro dicembre.

Non c’è spazio per negoziare sugli impegni di riforma che il Paese ha assunto.

Il boom dei prezzi delle materie prime ha complicato le cose, ma questa è solo una parte della storia.

Fin dall’inizio si sapeva che la gestione di quasi 70 miliardi di euro sarebbe stata affidata agli enti locali.

I fondi del piano non possono essere utilizzati per pagare l’assistenza tecnica di un professionista esterno.

E’ stato un grave errore non organizzare per tempo l'”esercito” che sarebbe stato necessario nella pubblica amministrazione per gestire i progetti sfruttando la leva degli appalti pubblici per far crescere le nostre Pmi.

Il rischio di perdere la scommessa sulla crescita è causato dai difetti originari e dai problemi di efficienza nell’utilizzo dei fondi evidenziati dal Pnrr Lab.

Se gli enti locali non ce la faranno, propongo la creazione di una cabina di regia tecnica che monitori l’andamento e intervenga se necessario.

Bisognerà capire come gestire il periodo transitorio evitando blocchi se si vuole entrare in vigore la riforma del codice degli appalti.

Le colpe originali del piano, il rischio di perdere la scommessa sulla crescita e il match game tra Meloni e Draghi arrivano tutti da Il Fatto Quotidiano.

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