La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, prima grande istituzione finanziaria a rivedere i tassi di crescita nell’est e nei Balcani, si è detta certa ieri. Tutti i paesi dell’Europa centrale e orientale, compresi i Balcani, vedranno crescere il proprio PIL quest’anno. “La Serbia ha la maggiore esposizione alla Russia nella regione, in particolare sul gas, e potrebbe essere colpita dagli effetti disastrosi di una recessione globale ed europea”, ha affermato ieri la BERS. Secondo un recente studio, l’aggressione di Putin contro Kiev inevitabilmente già “peserà sull’Europa centro-orientale” e insisterà ancora di più nel prossimo futuro. L’invasione ha fatto salire alle stelle il prezzo delle materie prime, che nel breve termine non tornerà sui livelli precedenti, mentre preoccupano anche le ripercussioni “dirette e indirette” sul commercio estero. Le previsioni si traducono in una drastica revisione al ribasso delle previsioni di crescita già di per sé deboli, tenuto conto del crollo del PIL registrato durante la Pandemia. L’economia dell’Est subirà un periodo di acuta sofferenza dopo che la guerra avrà causato un nuovo annus horribilis. L’esempio migliore è offerto dalla Croazia, che dopo una crescita del +10,4% lo scorso anno può sperare in un +3,4% quest’anno. Secondo Erste dovrebbero essere i paesi subordinati a Mosca per il loro fabbisogno energetico, in particolare Slovenia, Serbia, Slovacchia, Polonia, Ungheria, Cechia, tanto meno Croazia e Romania, ormai dipendenti “solo” dalla Russia per il 30% del gas. La “domanda interna”, che inevitabilmente si contrarrà a causa della sfiducia dei consumatori sbarcati dai vistosi aumenti dei prezzi di generi alimentari e carburanti – l’inflazione dovrebbe aumentare enormemente in tutto l’Oriente – e giustamente preoccupata per il futuro. Il pessimismo non fa eccezione per gli analisti di Bers ed Erste. Un mese dopo l’attacco ci sarà un calo dell’1% nelle previsioni di crescita.

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