La nuova legge russa sulla disinformazione è stata approvata dal parlamento di Mosca lo scorso 5 marzo e sono bastate un’immagine e un breve messaggio come atweet per mostrare il vero obiettivo. La volontà di imbavagliare le opinioni contrarie alla linea imposta dal regime di Vladimir Putin non è stata un tentativo di limitare la propaganda bellica. Se leggi uno dei giornali più indipendenti della Russia, Novaya Gazeta, vedrai che è lo stesso giornale che per anni ha ospitato gli articoli della giornalista Anna Politkovskaya. Nel post, puoi vedere un’immagine di Marina Ovsyannikova, una dipendente della televisione pubblica russa, che è dietro la schiena del conduttore con un cartello. Sul foglio c’è un appello per chiedere la fine della guerra in Ucraina, ma nella foto diffusa dal quotidiano della Federazione c’è solo un grande cartello bianco. Per evidenziare le restrizioni imposte alla stampa dal Cremlino e anche per evitare che quella parola, “guerra”, provochi nuovi arresti all’interno della sua redazione, Novaya Gazeta ha evidenziato una bella e buona censura. Nella trasmissione del programma Vremya, dietro l’ospite, è apparsa una ragazza con un poster, il cui contenuto è vietato diffondere secondo il codice penale. “La trasmissione in diretta di qualsiasi canale televisivo è un aspetto speciale, in cui c’è una responsabilità soprattutto per coloro che lavorano”, ha detto il portavoce del Cremlino. Secondo il sito Belsat, l’autrice della protesta non è stata ancora rintracciata dai suoi avvocati, che non sanno dove si trovi. Prima di fare un gesto, la donna aveva registrato un messaggio in cui affermava che la responsabilità di quanto sta accadendo in ucraino “ricade solo su un uomo, Vladimir Putin”. “Mi vergognavo di aver lavorato per la TV russa negli ultimi anni, portando avanti la propaganda del Cremlino, permettendo alle persone di mentire dagli schermi televisivi e trasformandosi in zombi”, ha detto. Il giornalista riconosce che il mondo ha voltato le spalle a noi e a dieci generazioni di nostri discendenti dopo aver ricordato come i russi hanno taciuto di fronte all’annessione forzata della Crimea e all’avvelenamento del dissidente Alexei Navalny. La diffusione di notizie che il Cremlino considera “fake news” o “disinformazione”, i ricorsi per sanzioni contro la Russia e ogni riferimento all’esercito russo sono stati puniti con pene fino a 15 anni di reclusione. I singoli cittadini che utilizzano i social network per diffondere notizie sulla situazione in ucraino sono a rischio così come i media tradizionali. “La legge ce lo impone” è la protesta dell’impiegato della tv russa.

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