Addio a Roveredo, dalle capriole in salita ha trasformato la vita in letteratura

Sin dall’esordio narrativo di “Capriole in salita” si è dimostrato un narratore anticonformista, dalla prosa dura e talvolta rude, capace però di dare voce a chi non poteva averla.

Roveredo ha mostrato la sua determinazione a stare al fianco dei suoi emarginati attraverso la forza meravigliosa che dà la solidarietà, necessaria per assolvere gli scogli della vita e condividere la straordinaria libertà dei so-.

L’autore ci invita a relazionarci con chi vive nell’ombra, anche della tossicodipendenza.

Il suo particolare stile di realismo, anche crudo, non esitò ad amalgamarsi con la devozione dovuta alle creature, a causa dell’atteggiamento antiletterario da cui ebbe origine molta narrativa triestina.

Copiosa nel tempo, la sua produzione narrativa annovera testi come “Cara creatura”, sull’odissea di una madre coraggiosa e delicata, che fa di tutto per salvare il figlio tossicodipendente.

Nel caso di “Mio padre ha votato per Berlinguer”, Roveredo ha avuto una pausa dal presente e ha potuto rivivere il suo passato.

Il gioco dei ricordi d’infanzia divenne un’ottima scusa per tenere in vita il genitore, visto che votarono Berlinguer per il suo perbenismo di “brava persona”.

“Tira la bomba” è la storia di tre ragazzini che si sono persi nei giochi e hanno perso i loro sogni quando hanno scoperto una bomba della seconda guerra mondiale.

Oggetto pericoloso e affascinante, si trasforma in un talismano segreto che li fa sentire uniti e a cui ricorrono, anche da adulti.

Roveredo pensa che ci vorrebbe un sassofono per rimediare alla caduta di valori del mondo moderno.

Alla luce di questo sentimento, Roveredo ha dedicato ai giovani immigrati di seconda generazione, nati e cresciuti in questo paese, “I ragazzi di via Pascoli” (2021), racconto di un’infanzia serena fino a quando due genitori, come il suo, sordomuti con alcuni problemi di alcolismo, i bambini vengono portati via per affidarli ad un istituto di assistenza.