Aumentare la spesa militare nei singoli paesi senza porre il problema di una difesa europea comune sta sprecando un’occasione storica. Marco Cappato lo vede come un leader storico che da un lato è favorevole all’invio di armi in Ucraina, dall’altro, scettico sull’agenda approvata dalla Camera per aumentare gli investimenti in difesa fino a raggiungere il 2% del Pil. La guerra non dimostra la necessità di aumentare le spese militari, ma la necessità di una difesa europea, tagliando sovrapposizioni e spese inefficienti drogate dalle industrie belliche statali, che negli ultimi anni sono state spesso in affari con Putin e i peggiori dittatori, ha affermato il tesoriere della Luca Co. La guerra non dimostra la necessità di aumentare le spese militari, ma la necessità di una difesa europea, tagliando sovrapposizioni e spese inefficienti drogate dalle industrie belliche statali, spesso in affari con Putin e i peggiori dittatori degli ultimi anni. Per garantire l’efficacia del patto militare, se la Nato chiede che una quota del PIL sia destinata alla difesa, non è per abitudine contabile, ma per vedere che si fa sul serio. Se l’Unione Europea spendesse meno del 2%, l’obiettivo sarebbe raggiunto. Leonardo e Finmeccanica sono i padroni dell’industria bellica, accrescono il loro potere e guadagnano molto. La politica dovrebbe imporre una logica civica europea, come stiamo cercando di fare nel campo dell’autonomia energetica. Un modello che comprenda anche soluzioni non belliche, cioè basate non solo sulle armi – che continueranno ad essere necessarie – ma anche su strumenti di difesa non violenta e prevenzione dei conflitti, come le forze di pace o la spesa per l’informazione. In una situazione di scarse risorse economiche, ci limitiamo ad aumentare la spesa militare, ma senza porci la questione di formare un fronte comune o addirittura di integrare i sistemi militari nazionali. La NATO sarebbe sfidata da un esercito europeo comune. Quella di Biden non è più quella dell'”America first” di Trump, che si preoccupava solo di proteggere i propri interessi. Dovremmo proporre un percorso comune agli Stati Uniti e ad altre democrazie d’oltremare, come Canada, Giappone o Australia: in questo modo la difesa comune europea potrebbe essere sostenuta anche dalla Casa Bianca, perché non sarebbe una sfida per essa, ma un contributo al rafforzamento del fronte democratico internazionale. Sarebbe un problema loro, non nostro, se qualcuno continuasse a vederla male negli Stati Uniti. Gli europei sceglierebbero tra ridurre la spesa militare, ottenendo al contempo una maggiore efficacia difensiva, e mantenere il proprio esercito, se i cittadini fossero coinvolti nell’integrazione. Aumentandoli ciascuno per se stessi migliora solo i giganti delle armi.

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