Tali impianti possono invece essere posizionati “ove possibile sui tetti dei capannoni delle due aree industriali di Monfalcone, le strutture del porto e del cantiere navale e, perché no, anche al di fuori delle aree di pertinenza del Consorzio di sviluppo industriale, quali come edifici pubblici, centri commerciali, parcheggi.

I boschetti costituiti da salici e pioppi si trovavano in zone industriali e costituivano il collegamento tra il Carso e la costa.

La Scheda della Rete Ecologica Regionale del Piano Paesaggistico del Friuli Venezia Giulia li descrive come problematici ma di grande interesse per la presenza di importanti aree naturali e insediamenti portuali, industriali, urbani e turistici.

Preservare le aree core non è sufficiente a garantire la funzionalità complessiva del sistema naturale costiero, in quanto previsioni consolidate e di pianificazione strategica determinano una possibile perdita della funzione di connessione in spazi molto limitati.

Occorre rafforzare gli elementi naturali intervenendo sulle aree più adatte alla rinaturalizzazione o alla tutela.

La scala di intervento è quella della rete ecologica locale ma data la rilevanza regionale delle aree interessate è indispensabile mantenere una visione di vasta scala per comprendere il fenomeno che si estende dall’area lagunare di Grado.

L’individuazione di un parco comunale e di un biotopo naturale a Monfalcone deve essere integrata con una ridefinizione degli spazi di tutela naturalistica al fine di distinguere e separare le aree di sviluppo industriale e portuale dalle aree dedicate alla conservazione della biodiversità.

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